Valorizzazione del Territorio e delle Eccellenze Enogastronomiche
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Seconda Edizione
Oggi, 13 ottobre 2022, è iniziata la seconda edizione del corso Valorizzazione del Territorio e delle Eccellenze Enogastronomiche!
Da parte di tutta la nostra famiglia, un enorme in bocca al lupo a tutta la classe: non vediamo l’ora di assistere alla loro crescita e di vedere cosa sanno fare!
La Fondazione SoloPerGian ha nel suo manifesto la missione di aiutare persone giovani a trovare uno spazio nel mondo del lavoro: scopri tutti i progetti.
La vendemmia: l'antica bellezza della fatica
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L’autunno è arrivato, anche se a volte non sembra. A dispetto di temperature ancora piuttosto estive, le viti stanno già cambiando colore e questo significa solo una cosa: vendemmia.
L’allevamento della vite è un processo continuo, che dura dodici mesi e segue un ciclo che ha il suo inizio ufficiale ad aprile, con la nascita dei primi grappolini. Segue la fioritura e poi, finalmente, gli acini si formano e gradualmente si ingrossano; tra la seconda metà di agosto e la fine di ottobre, l’uva è matura ed è pronta per essere vendemmiata.
Croce e delizia di ogni azienda vinicola, la raccolta delle uve segna la fine di agosto e l’inizio di una nuova fase, accolta tutti gli anni con entusiasmo e gioia. É anche il momento della verità, quello dove finalmente si ha la certezza di aver lavorato bene e aver allevato nella maniera migliore le proprie viti.
La vite non si coltiva, la vite si alleva: la cura che va riservata alla vigna è costante e quotidiana. Un vigneto appena piantato non darà frutti per minimo tre anni; è un bambino da far crescere e accudire mentre lo si prepara alla vita adulta.
Figlia della difficoltà, contenta nei terreni meno fertili, la vite può rivelarsi anche molto esigente; per lei, temperatura, condizioni climatiche e umidità sono fondamentali. Va da sé che il legame che si crea con la vite, per agronomi e coltivatori, è quasi simbiotico: alla vite viene tributato un rispetto sacrale e la vite risponde riempiendo di frutti i suoi tralci. E non è un caso che la passione per questa pratica antica e affascinante sia spesso tramandata di generazione in generazione.
Storia e miti della vendemmia
La vendemmia è una pratica antica come la coltivazione stessa dell’uva: le primissime testimonianze di questa pratica risalgono a più di diecimila anni fa. Nell’antica Mesopotamia, quella lingua di terra stretta tra due fiumi da cui gran parte della nostra civiltà nasce, già troviamo le prime testimonianze di vendemmie.
Nella tradizione Romana troviamo invece traccia dei Vinalia Rustica: in pratica, una festa della vendemmia. Per gli antichi, ogni raccolto era sacro, un momento di comunione con la Natura che aveva generosamente concesso i suoi frutti: la raccolta dell’uva, poi, si arricchiva di altri significati, connessi al culto del dio Bacco/Dioniso, dio meraviglioso e terribile, amante della musica e della confusione, capace di azioni tremende come di opere meravigliose.
Secondo Varrone, letterato e agronomo romano, i Vinalia Rustica erano però dedicate non a Bacco, bensì a suo padre Giove: era infatti il potente padre degli dei a sovrintendere la vendemmia, in quanto il vino era l’elemento fondamentale di ogni celebrazione religiosa.
Ovidio lega invece le Vinalia a Venere, attribuendone la nascita ad Enea, mitico condottiero cantato da Virgilio e figlio della dea: e d’altronde già all’epoca l’ebbrezza del vino veniva paragonata a quella dell’amore.
Esisteva un’altra festività collegata al vino, i Vinalia Priora: queste giornate celebravano il vino nuovo e si concludevano con l’assaggio dell’annata neonata. I Vinalia Rustica erano invece una festa delle campagne, in cui si pregava insieme Giove di concedere una buona vendemmia e un generoso raccolto e allo stesso tempo lo si ringraziava per non aver rovinato le vigne con il temporale o la siccità. Solo dopo un sacrificio a Giove la vendemmia aveva inizio.
Anche nei secoli successivi, nelle campagne di tutta Italia, la vendemmia era considerata una festa, un momento di unione tra famiglie confinanti: un rito che sanciva l’inizio dell’autunno e che celebrava l’eterno scorrere delle stagioni, la celebrazione di una fatica che unisce le persone verso un obiettivo comune. Dopo la vendemmia, in Piemonte arrivava la merenda sinoira: un lungo pasto, a metà tra una merenda e un aperitivo, per sancire quel patto semplice di aiuto reciproco.
Infatti, la vendemmia fino a pochi anni fa veniva eseguita a mano: decine e decine di mani che esaminano i filari, frugando sotto le foglie, staccando dalla pianta solo i grappoli migliori e controllando con attenzione la loro salute. Decine di persone che salgono e scendono dalle colline ripide e strette, tenendo sulle spalle i cesti colmi di grappoli da trasportare verso le cantine, dove avviene la pigiatura.
Quello della vendemmia è un lavoro immane, da eseguire nelle prime ore del giorno oppure alla sera, quando le temperature non sono soffocanti: è chiaro che, quando le aziende agricole erano meno strutturate, l’unico modo per concludere la raccolta in tempi brevi era affidarsi alla rete di mutuo aiuto, così salda nei paesini di campagna.
Durante la vendemmia si rinsaldavano amicizie e si rinnovava il patto sociale.
Come si vendemmia oggi
Oggi le necessità delle aziende strutturate hanno parzialmente modificato questo rito. Esistono delle macchine vendemmiatrici, ma solitamente sono usate per grandi vigne in aree meno scoscese e più pianeggianti.
Il procedimento di base resta lo stesso sia per la vendemmia manuale che quella meccanica. I grappoli idonei vanno separati da quelli di qualità non sufficiente, staccati dalla vite e messi in ceste; una volta che le ceste sono piene, l’uva è pronta per iniziare il suo viaggio in cantina. Un viaggio che la condurrà a diventare vino e poi grappa.
Ogni anno, la vendemmia varia il suo inizio in base a moltissime considerazioni, ad esempio il tipo di suolo, l’esposizione al sole della vigna e il tipo di allevamento: l’uva infatti deve essere matura. Quando l’uva è matura, è una questione dettata sia dalla natura sia dalla competenza del produttore, che può decidere di ritardare la vendemmia di alcuni vitigni per far loro acquisire determinate caratteristiche.
- Comunque, ad aprire le danze della vendemmia sono solitamente i vitigni bianchi, che maturano prima. In Piemonte, solitamente la vendemmia viene fatta iniziare con l’Arneis e il Moscato Bianco. É poi il turno dei rossi dolci, come il Brachetto e il Dolcetto.
- Arriviamo poi verso fine settembre, quando viene vendemmiata la Barbera, e infine, ad ottobre, viene raccolto il Nebbiolo: in base a un rigoroso disciplinare, diventerà vino Nebbiolo, Barbaresco, Gattinara o Nebbiolo.
- In alcuni stati, ad esempio in Germania, Austria e alcune aree dell’Italia settentrionale, i grappoli vengono lasciati sulla pianta fino a ghiacciare: è così che vengono prodotti gli Icewine, i “vini di ghiaccio”.
Dopo la vendemmia
Dopo la vendemmia, l’uva viene portata in cantina e qui viene utilizzata per la produzione del vino: per fare un ottimo lavoro in cantina è essenziale che l’uva sia fresca, non schiacciata, non bagnata. Inoltre, l’uva va selezionata e solo i grappoli migliori hanno l’onore di diventare vino: una prima selezione viene fatta in vigna, ma comunque in cantina si ricontrollano i grappoli e si scartano quelli difettosi. Inoltre, l’uva viene pulita dai raspi e dalle foglie che potrebbero inquinare il mosto con sentori indesiderati.
Funghi, i tesori dei boschi
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Né animali né piante, questi esseri sono talmente particolari e affascinanti da meritarsi un regno a sé stante, che condividono con i tartufi.
Secondo lo studioso Paul Stamets ne esistono 10 milioni di specie, ma ne conosciamo solo 700mila. Eppure sono preziosissimi per la nostra salute e quella del nostro ecosistema, oltre ad essere i protagonisti delle tavole di settembre e ottobre. Conosciamoli meglio.
Cosa sono i funghi: un identikit
I funghi sono organismi viventi antichissimi, tra i più antichi del pianeta. La primissima classificazione, risalente a Linneo, li cataloga come piante; dobbiamo attendere il 1817 perché Nees per primo definisse il regno dei funghi come categoria a sé stante. Ancora oggi, alcuni esemplari sono di classificazione incerta e ancora oggi sollevano vivaci dibattiti tra studiosi.
Comunque sia, questi organismi sono estremamente variabili in quanto a dimensioni, complessità e tipo di riproduzione, ma hanno tutti in comune:
- Il fatto che si nutrono di sostanze create da altri organismi (a differenza delle piante, che si fabbricano da sole il nutrimento)
- la mancanza di tessuti differenziati e di elementi conduttori (come i vasi sanguigni negli animali)
Una prima, notevole differenza tra funghi è tra organismi unicellulari e pluricellulari: esistono funghi di tutte le dimensioni e complessità. Ad esempio, la Botrytis Cinerea è un fungo molto piccolo ma estremamente utile nella pratica vinicola: è proprio grazie ad essa che si possono produrre, in determinati contesti, i vini muffati.
Infine, l’alimentazione: come abbiamo già detto, tutti i funghi sono eterotrofi, ovvero ricavano le sostanze nutritive da altri organismi. Il modo in cui si procurano queste sostanze però cambia: i funghi possono essere:
- Saprofiti: si nutrono di sostanze non viventi, di origine vegetale o animale. Sono i demolitori e i pulitori dell’ambiente: grazie a loro, le sostanze non più utili vengono smaltite, lasciando spazio per il resto.
- Parassiti: per nutrirsi hanno bisogno di un altro essere vivente, a cui consumano tutte le risorse portandolo alla morte. Alcuni di questi, dopo aver ucciso la vittima continuano a nutrirsene, cambiando il loro comportamento in saprofitismo.
- Simbionti: in questo caso si crea un circolo virtuoso tra ospite e ospitanti. Ad esempio, in alcune orchidee un fungo cede alla piantina zuccheri essenziali per la sua crescita. Anche i licheni sono composti da un fungo e un’alga che vivono in simbiosi. Molte specie commestibili, come i funghi porcini, sono simbionti.
Una piccola curiosità: se ci dicono funghi, la prima cosa a cui pensiamo è un appetitoso porcino con il suo gambo e il cappello scuro. In realtà, questo è solo il corpo fruttifero, ovvero la parte che diffonde le spore. Il vero e proprio fungo è composto da strutture filamentose, dette ife, che insieme compongono il micelio: un reticolo immenso che si espande e che permette ai funghi di nutrirsi e proliferare.
Tutti i funghi, indipendentemente dalla loro alimentazione, svolgono un ruolo essenziale per il nostro pianeta e l’ecosistema: mentre i simbionti sono essenziali per la vita delle specie alle quali si legano, i saprofiti degradano sostanze che se presenti in quantità eccessive sarebbero dannose e i parassiti sono preziosi per la selezione naturale.
In pratica, questa forma di vita è preziosa per l'equilibrio dell'ecosistema, ripulendolo e favorendo la selezione della specie.
Dove trovare i funghi?
Arriviamo nel vivo della questione, ovvero come cercarli, dove raccoglierli, come pulirli e distinguere i funghi velenosi da quelli che possiamo mangiare.
É utile cercarli nei boschi all’incirca tra i 700 e i 1300 metri d’altezza, in aree umide; inoltre, è sempre meglio andare in periodi caldi ma piovosi. Per questo motivo i mesi di settembre e ottobre sono ideali.
Per raccoglierli, l’importante è sempre il rispetto della loro funzione: raccogliere solo funghi di buone dimensioni, evitando quelli più piccoli e ancora in crescita, e staccarli delicatamente, per non rovinare il micelio sottostante. Ci sono alcuni giorni in cui è vietata la raccolta in varie aree e comunque ci sono dei quantitativi massimi di funghi che si possono raccogliere: bisogna quindi per sicurezza verificare le norme dell’area dove si vuole andare. Per esempio, qui ci sono le norme relative alla raccolta di funghi in Piemonte.
Una volta raccolti, con il coltellino da funghi si dà una pulita sommaria e poi possiamo ricominciare il nostro cammino: è importante mettere il raccolto in un recipiente areato, in maniera tale che possano continuare a spargere spore mentre camminiamo per il bosco.
A questo punto si solleva un’altra questione: una volta raccolti, come capire se sono velenosi?
Sfatiamo qualche mito: non è vero che i funghi su cui ci sono lumache o altri animali sono per forza commestibili. Ciò che ad una specie non dà nessun fastidio, per altre può essere mortale. Idem per la credenza che le specie con la parte inferiore spugnosa non siano velenosi: ad esempio, il Porcino Malefico, molto pericoloso per la nostra salute, assomiglia moltissimo al cugino commestibile – parte inferiore spugnosa inclusa!
Per precauzione andrebbero evitati tutti i funghi di colore rosso e in generale di colori brillanti: detto questo, alcune specie velenose sono molto simili a quelle buone! Se si hanno dubbi, è sempre meglio portarli negli appositi punti nelle ASL, ad esempio nell’ASL di Asti, dove li controlleranno gratuitamente.
E i funghi porcini?
I porcini sono molto apprezzati e richiesti. E sono anche molto preziosi: questo perché non si possono coltivare. A differenza di altri tipi di funghi freschi, come gli champignon o gli shiitake, i porcini sono simbionti; hanno quindi bisogno di un rapporto stretto con altri esseri viventi per crescere. Una simbiosi è un legame raro, prezioso, che ha bisogno di condizioni uniche per svilupparsi: non si può coltivare in una serra o far crescere. Si sviluppa spontaneamente, senza costrizioni. Per questo motivo non è possibile replicare a casa questa delicata situazione: i porcini sono un piccolo tesoro della terra, da godere nella quantità che la Natura vuole concederci.
Un tesoro non solo per il gusto e la rarità, ma anche per i valori nutrizionali: i funghi porcini contengono infatti pochissime calorie ma sono ricchi di vitamine, tra cui la Vitamina D. Per questo motivo sono molto impiegati nelle diete vegetariane e vegane come sostituti della carne.
Una specie di porcino, il boletus pinophilus, è particolarmente indicato crudo, anche se comunque sulle tavole piemontesi abbondano sia nei primi piatti sia in altre preparazioni: i funghi trifolati o fritti sono ad esempio ottimi secondi.