Gli Infernot: le enoteche nel Mare del Monferrato

Gli Infernot: piccole meraviglie Monferrine nascoste nel sottosuolo. Ma cosa sono e soprattutto come visitarli oggi?

Infernot

Scendendo nelle profondità del Monferrato, nel sottosuolo, là dove l’aria e la luce non penetrano facilmente, sotto alle abitazioni dei contadini e dei cantinieri, si trovano dei piccoli gioielli segreti: sono gli Infernot. A prima vista, questa parola sembra avere un rimando chiarissimo all’Inferno, che d’altronde sta pure lui sottoterra; in realtà, l’origine del termine sembrerebbe derivare da “enfernet”, antico termine in francese per le celle carcerarie.

Insomma, comunque la si guardi il nome non rende proprio giustizia a questi luoghi: sì sottoterra, sì solitamente piccoli e isolati, ma meravigliosi segni di un’epoca contadina, dove il senso pratico e l’intuizione arrivavano prima dello studio.

Gli infernot del Monferrato sono delle gemme dal sapore unico, ben custodite nel ventre di questo incredibile territorio UNESCO.

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Cosa sono gli Infernot?

Per immergerci nel mondo degli Infernot del Monferrato, partiamo da una definizione: gli Infernot sono delle piccole camere sotterranee senza luce né areazione, utilizzate per conservare il vino imbottigliato. La componente più straordinaria e suggestiva però risiede nel loro materiale di costruzione, ovvero la Pietra da Cantoni: una qualità unica di pietre da costruzione presenti solo nel Monferrato. Ciò che distingue una cantina da un vero Infernot, infatti, è che quest’ultimo è interamente scavato nell’arenaria Monferrina.

Per capire le origini degli Infernot del Monferrato dobbiamo fare un piccolo sforzo di immaginazione e pensarci, per un attimo, contadini nel XIX secolo: sono anni in cui inizia a diventare pensabile l’idea di imbottigliare il barbera e gli altri vini così tipici di questa terra generosa ma per certi versi difficile. Curare la vigna è un lavoro duro, che non conosce pause durante l’anno: la terra è faticosa, la pioggia abbondante e nelle mattine d’inverno la nebbia avvolge tutto e i fili d’erba sono rigidi di brina. La vendemmia e il lavoro di cantina sono solo il culmine di una dedizione totale all’uva e ai suoi bisogni. Ben presto i contadini si accorgono che i vini, resi ancora più preziosi dalla loro fatica, rischierebbero di non sopravvivere ai mesi più caldi.

Guidati da questa intuizione iniziano a scavare piccole stanze, ancora più protette delle già presenti cantine, nell’arenaria su cui le case erano costruite: nascono così gli Infernot, luoghi per conservare, protetti dalla Pietra da Cantoni, i vini migliori.

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Questi contadini e cavatori, che di ere geologiche erano poco informati, ma conoscevano alla perfezione i cicli delle stagioni e le proprietà di tutte le cose della vita, avevano infatti intuito le potenzialità di questa strana ma bellissima pietra, essenzialmente legate alla sua condizione di isolante naturale: la Pietra da Cantoni, infatti, riesce a isolare benissimo gli ambienti dal caldo e dal freddo, costituendo una protezione eccezionale dagli sbalzi di temperatura. Il fatto poi che gli Infernot fossero protetti dalla luce e non avessero punti d’aerazione con l’eccezione dell’entrata li rendeva davvero piccoli ventri accoglienti, caldi d’inverno e freschi d’estate, in cui rifugiarsi per trovare uno spiraglio di comfort nella dura via contadina. Una sorta di piccola enoteca privata!

Gli Infernot possono essere di vari tipi: monocamera, multicamera o a corridoio. Inoltre, ogni cavatore imprimeva il segno del suo stile e della sua cura nel lavoro: alcuni presentano finiture lisciate, altri mostrano ancora le picconature a vista, altri ancora sono semplicemente a spacco naturale. È possibile trovare nicchie scavate nella pietra o gradinate per alloggiare le bottiglie: alcuni addirittura hanno creato nel loro Infernot un sistema a piani continui. Decorazioni ed altri elementi sono poi il segno dell’estro di ogni persona. Esiste un rigido disciplinare che sancisce cosa può essere Infernot e cosa no ed inoltre classifica gli Infernot secondo tre criteri: tipo di realizzazione, soluzione contenitiva per le bottiglie e finiture. Il disciplinare completo è visionabile qui.

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La Pietra da Cantoni

Come già accennato, la storia degli Infernot si lega a doppio filo con quella della Pietra da Cantoni, un’arenaria formata da strati marini calcarei e marnosi dall’incredibile capacità termoisolante. Torniamo ancora indietro negli anni: torniamo a quando l’uomo non esisteva e il suolo era camminato da animali alti come palazzi. All’epoca, il Monferrato era un mare, profondo e brulicante di vita. Nei suoi oltre 200 metri di profondità giganteschi rettili marini, creature inimmaginabili e minuscoli molluschi nascevano, si combattevano l’esistenza e infine, morendo, si andavano a depositare sul fondale, per sempre custoditi dalle sabbie e dagli altri sedimenti che, piano piano, si sovrapponevano nella culla del mare. Nel mentre, la vita del Pianeta continuava a andare avanti: circa 3,5 milioni di anni fa, le colline iniziarono a emergere dal mare e il Monferrato, finalmente, emerse. Ciò che resta di quel mare, il suo fondale, un mosaico di argille, alghe calcaree, piccoli animali, giganteschi squali, foglie fossili, oggi è la Pietra da Cantoni e testimonia, con le sue lavorazioni, l’inventiva e l’abilità della gente comune, che dalle esigenze pratiche riesce a creare piccoli capolavori.

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Visitare gli Infernot

Dopo i nostri viaggi nel tempo, torniamo al presente: gli Infernot, riconosciuti Patrimonio dell’Umanità dell’UNESCO, sono inseriti in un circuito di quattordici comuni monferrini, tra la provincia di Asti e quella di Alessandria. A fare da congiunzione tra tutti i comuni è quello di Cella Monte Monferrato, che ospita l’Ecomuseo diffuso della Pietra da Cantoni e uno degli infernot più caratteristici della zona. Ora, gli Infernot sono quasi tutti costruiti in case private, quindi non sono sempre visitabili: alcuni di essi sono visitabili solo il venerdì e la domenica previo appuntamento, altri aprono le porte ai visitatori solo in particolare occasioni dell’anno. Sul sito dell’Ecomuseo sono presenti tutti i riferimenti utili per organizzare la propria visita agli Infernot del circuito, comune per comune. E di già che ci siamo, perché non concedersi una passeggiata nei borghi Monferrini e magari bersi un bel bicchiere di barbera?

Dopo aver visitato gli Infernot, può venire voglia di fare un giro all'aria aperta: ecco tre punti panoramici da non perdere!