Pavese Festival 2024

Un bicchiere con Pierluigi Vaccaneo, direttore della Fondazione Pavese e anima del festival

Pavese Festival

Il Pavese Festival sta per iniziare: per una settimana, da lunedì 2 settembre a lunedì 9 settembre, Santo Stefano Belbo ospiterà talk, esibizioni, reading, con partecipazioni del calibro di Vera Gheno, Neri Marcoré, Stefano Nazzi, Pablo Trincia.

Abbiamo conosciuto l’uomo dietro il Pavese Festival, Pierluigi Vaccaneo, un paio di anni fa, grazie a un’amica comune e a quella particolare serie di circostanze fortunate che si creano nelle provincie dove bene o male ci si conosce tutti di fama e basta solo trovarsi nello stesso luogo e stringersi la mano per suggellare l’incontro. Da quel giorno di chiacchierate se ne sono fatte parecchie, quindi, perché non metterne una per iscritto?

L’inizio del legame di Pierluigi Vaccaneo con l’attività di Cesare Pavese risale al 2001, quando si laurea con una tesi sulla psicologia e antropologia nell’opera e nell’attività culturale dello scrittore; da quel momento in poi, i due non si sono più (metaforicamente) lasciati. Iniziando come tuttofare nell’organizzazione del Festival Pavese, lavora poi nella Fondazione Pavese, di cui oggi è Direttore, fin dalla sua nascita, tra il 2004 e il 2006. Nel 2016 fonda con altri soci Twitteratura, startup che oggi è un app di Social Reading diffusa in tutta Italia. A tutto questo si associa l’attività di insegnante di comunicazione ed organizzazione eventi presso l’ITS e una collaborazione con Treccani Academy dove insegna sempre come si costruisce e organizza un evento culturale.

PAVESE FESTIVAL - DATE E PROGRAMMA

Tutte le foto presenti nell’articolo sono di Eunice Brovida, che ringraziamo.

Da dove nasce l’idea del Festival Pavese e come questa idea si è evoluta e sviluppata negli anni?

Il Festival nasce 24 anni fa dall’idea di dedicare un momento di arte, spettacolo e cultura al maggior autore di Santo Stefano Belbo; all’epoca la Fondazione Pavese non esisteva e quindi il Festival si proponeva di creare eventi che potessero raccontare l’attività di Cesare Pavese distaccandosi dai contesti più accademici e specialistici. Oggi il Festival ha un’identità molto diversa dall’inizio: la rassegna vuole essere un modo di tradurre il messaggio pavesiano in una chiave moderna, con mezzi, arti e linguaggi propri del tempo attuale.

Un altro punto importante è la sempre maggiore partecipazione della cittadinanza: il Festival Pavese non deve essere per i cittadini di Santo Stefano Belbo ma dei cittadini di Santo Stefano Belbo. Solo così il paese potrà diventare davvero una destinazione culturale e anche un luogo dove la cultura crea unione partecipata e comunità tra i cittadini. D’altronde l’importanza della cultura come ponte di unione si è ben vista dopo la pandemia, quando gli eventi culturali sono stati l’unico modo per trovarsi uniti insieme in una piazza.

Un festival culturale non deve essere fine a sé stesso ma un’occasione per riattivare la partecipazione della cittadinanza, esprimere l’identità del luogo che lo ospita, e soprattutto per accogliere, creare una piazza di scambio, di dialogo e di crescita tramite la cultura. In questo modo il festival lascia qualcosa sia al paese che lo ospita, sia a chi questo paese lo incontra, lo scopre e tornando a casa si porta con sé un pezzettino in più verso un percorso di crescita.

Pavese Festival

Vivere senza scrivere non vivo: un titolo viscerale, intenso, oserei dire quasi disperato, che sottolinea un legame indissolubile con la scrittura. Quale spazio occupa secondo te nel panorama odierno e quotidiano la scrittura – e quale spazio e ruolo hanno oggi gli scrittori?

Il tema di quest’anno è molto forte: vogliamo sottolineare con questo titolo che Pavese è stato scrittore in ogni momento della sua vita e non solo quando scriveva romanzi, racconti, poesie – lui era scrittore anche quando scriveva lettere private, alle persone che amava, dove quasi lo scrittore dominava sull’uomo.

Se vogliamo questo è ciò che Pavese che alla fine della sua vita ha pagato; tutta la sua produzione ruota proprio attorno a questo nodo a cui lui cerca di dare una soluzione, ovvero quanto l’essere umano Pavese riesca ad emergere sullo scrittore Pavese. Per tutta la vita Pavese ha costruito la sua identità per essere scrittore e per riuscirci ha sacrificato tanto della parte umana del suo percorso esistenziale.

Nel 1950, dopo aver vinto il Premio Strega, Pavese scrive nel suo diario “dunque nel mio mestiere sono re”; e poche righe dopo aggiunge “cosa manca a questo successo? Il sangue, la carne, la vita”, ovvero tutto quello che lui ha sacrificato per diventare scrittore.

Noi lettori di Pavese, a più di settant’anni dalla sua scomparsa, troviamo questa sua componente umana nei suoi personaggi; il passaggio da fare oggi è di riuscire a distaccarci dal filtro del suo suicidio, che per troppi anni ha condizionato il modo di leggere le sue opere. Mettendo tra parentesi questo seppur tragico gesto e concentrandoci sulle sue parole troviamo l’umanità di Pavese nei suoi personaggi, ragazzi adolescenti alla ricerca della vita adulta e del passaggio iniziatico verso la maturità.

Il punto non è tanto l’età anagrafica ma la maturità, e i personaggi di Pavese questo passaggio lo compiono: il bello è vedere come costruiscono il loro percorso esistenziale. I suoi personaggi sono un’espressione di vita, laddove Pavese ci è sempre stato presentato con un’ombra di morte.

 

Pavese in realtà ci insegna ad amare la vita, lui che tanto l’ha amata e che purtroppo non è riuscito a coglierla appieno. Ce lo insegna tramite la scrittura, ancora oggi veicolo fondamentale nella ricerca di noi stessi.

Oggi da una parte si scrive troppo, spesso con il solo fine dell’occasione editoriale – anche il self-publishing ci dà l’illusione di “essere tutti un po’ scrittori” quando lo scrivere è un’attività quasi sacra. Dall’altra, nella maggior parte dei casi, si smette di scrivere dopo le scuole e ci si limita alla scrittura per così dire tecnica, quando scrivere in realtà ci aiuta a pensare. È un allenamento continuo: pensando meglio siamo migliori lettori e leggendo meglio siamo migliori scrittori.

Senza voler paragonare la scrittura quotidiana a quella dei grandi autori, che si costruisce con un lavoro quotidiano di sangue, anima, anche grande dolore, in generale quando vedo un testo mal scritto mi dà una brutta sensazione; un testo scritto male mi fa pensare che chi l’ha scritto pensa male, quindi secondo me un corretto esercizio alla scrittura è fondamentale per noi e il nostro pensiero.

Pavese Festival

Non solo scrittura, anche podcast: quest’anno il Festival Pavese ospita i talk di alcuni dei pesi massimi del panorama podcast italiano – Stefano Nazzi e Pablo Trincia – e anche la Fondazione Pavese presenta la seconda stagione di Era Sempre Festa, il vostro podcast realizzato con Chora Media. Come vi siete avvicinati al mondo del podcast – e cosa ne pensi di questo strumento?

Quest’anno abbiamo dedicato molto spazio al podcast, anche visto il successo della prima stagione del podcast Era Sempre Festa, che ha riscosso ottimi risultati soprattutto in una fascia per noi sempre un po’ ostica, ovvero 25-40 anni. La prima stagione si è focalizzata su cinque opere – La Luna e i Falò, Paesi Tuoi e la trilogia de La Bella Estate  – guardando l’opera di Pavese attraverso i suoi personaggi e in compagnia di vari ospiti che ci hanno raccontato il loro rapporto con quei romanzi.

Durante il festival succederanno due cose: la prima è che presenteremo la seconda stagione di Era Sempre Festa, dedicata quest’anno a Il Carcere, La Casa in Collina, Fuoco Grande, La Spiaggia e il Compagno, con grandi ospiti che racconteranno il loro rapporto con questi volumi e con la voce narrante di Malika AyaneNeri Marcorè, voce narrante della scorsa edizione, qui racconterà il suo rapporto con Corrado de la Casa in Collina. La seconda sarà, dal 9 all’11 settembre, l’Academy con Chora Media. Abbiamo selezionato dieci studenti da tutta Italia che parteciperanno all’Academy per sviluppare un’idea per un podcast dedicato a Dialoghi con Leucò. Il progetto migliore diventerà l’undicesima puntata, che concluderà questo percorso su Pavese.

Da sempre la Fondazione Pavese ha sperimentato con i nuovi linguaggi, dall’avvento di Internet e dei social media abbiamo creato un progetto di Social Reading, chiamato Twitteratura, dove leggevamo Pavese sui social network e oggi il canale più caldo per la divulgazione culturale è proprio il podcast.

Il podcast troverà grande spazio nel Festival, non solo per Era Sempre Festa ma anche per la presenza di Nazzi e Trincia, due nomi di rilievo nel podcasting nazionale, due autori che fanno un lavoro quotidiano di divulgazione su diverse tematiche per i cui talk ci aspettiamo una grande risonanza e affluenza.

Pavese Festival

Parliamo del premio Pavese, la cui consegna sarà l’8 settembre: il parterre di premiati è di tutto rispetto, con dei veri pezzi da 90 nelle singole aree. Qual è il filo conduttore che li unisce?

Il Premio Pavese è sotto gestione della Fondazione dal 2019: in questi anni abbiamo sperimentato diverse formule per far sì che potesse raggiungere un numero sempre più largo di appassionati e interessati. Quest’anno abbiamo grandissimi nomi, dell’editoria, della narrativa, della saggistica, della poesia, della traduzione.

L’idea è proprio di identificare persone che si siano distinte nei campi in cui Pavese ha adoperato – Pavese non è stato solo un grande scrittore ma anche un grande poeta, un grande saggista, un grande editore. Ricordiamo quello che ha fatto con la casa editrice Einaudi, importando moltissima letteratura dall’estero, sia narrativa americana sia saggistica – i testi di Freud e Jung per esempio.

Portiamo alla luce quindi tutte le diverse anime che hanno contraddistinto la figura di Pavese selezionando ogni anno tramite una giuria di assoluto livello persone di assoluto spicco nei relativi settori.

Prospettive future: come proseguirà l’avventura Pavesiana?

L’attività non si esaurisce mai e siamo già al lavoro per la prossima edizione; abbiamo una grande novità nella formula che verrà annunciata alla fine del Festival di quest’anno, quindi per ora niente spoiler! Tralaltro quest’anno il festival ha avuto vari spin-off, uno dei prossimi sarà il 16 settembre al Gabinetto Viesseux dove presenteremo alcune carte pavesiane che si collegano alla mostra che presenteremo a Santo Stefano durante il Festival.

Le altre attività riguarderanno l’accoglienza dei visitatori nei luoghi pavesiani, con numeri che stanno superando ampiamente le presenze del 2023, gli incontri del ciclo Tra le Righe, dove portiamo grandi autori a presentare i loro libri alla biblioteca civica di Santo Stefano Belbo, e la seconda edizione dell’Academy con Chora Media, supportata da CRC Innova e focalizzata su progetti innovativi dedicati a target giovani.

A questo punto, lasciamo Pierluigi agli ultimi ritocchi prima della partenza del Festival: appuntamento a Santo Stefano Belbo, dal 2 settembre al 9 settembre!

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